VIA BINDA 30 ALLA BARONA

La storia dell’edificio di via Binda 30 inizia più di cento anni fa, con una famiglia di imprenditori lombardi, e si intreccia con le trasformazioni della Barona, un’area che inizialmente consisteva in risaie e che nel corso degli anni ha assunto via via un nuovo volto, contribuendo in modo significativo all’evoluzione del panorama storico di Milano.

Pionieri in via Solari, Mario Perego e i suoi due figli Luigi ed Emilio iniziarono la loro attività in un piccolo scantinato adibito a officina. Successivamente, decisero di ampliare l’attività e di trasferirsi in via Binda 30. Nel 1919 acquistarono il terreno e costruirono un muro perimetrale, da cui ebbero inizio i primi lavori di costruzione. Nel 1926 inizia l’attività della “Fratelli Perego” con la realizzazione di un solido edificio composto da un piano terra destinato allo spazio produttivo e un primo piano adibito sia allo stoccaggio che a residenza per la famiglia. L’attività metalmeccanica prende avvio con la produzione di ruote, in particolare mozzi per biciclette da trasporto con capacità di carico sia anteriore che posteriore.

L’edificio, circondato da campi su tutti i lati, presentava ampie vetrate che si affacciavano sul terreno retrostante, estendendosi fino alla via Ettore Ponti, senza alcun ostacolo alla visuale. Negli anni Trenta, il quartiere della Barona era caratterizzato dalla presenza di case sparse e vasti spazi aperti. Di fronte, al di là della strada, sorgeva l’Esperis, una distilleria di oli essenziali e materie prime vegetali. Nello stesso periodo, i frati avevano costruito una chiesetta dedicata a Santa Rita, che oggi costituisce il santuario di Santa Rita da Cascia.

Nel 1939 furono costruiti dei corpi aggiuntivi all’edificio,  per ampliare il piano terra. Questa modifica comportò la chiusura delle finestre originali. Per ripristinare la luce naturale all’interno, fu ideato un lucernario lungo l’intera lunghezza dell’edificio. Tale struttura consentiva di aprire e chiudere tutte le vetrate mediante due leve posizionate a metà della scala di ferro, situata al centro del magazzino del piano terra.

Prima dell’inizio della guerra, l’azienda Fratelli Perego, con un organico di circa 40 dipendenti e diversi macchinari pesanti, consolidò Via Binda 30 come epicentro della produzione familiare. L’edificio e le sue strutture architettoniche furono progettati appositamente per sostenere i macchinari. La parte residenziale dell’edificio originariamente comprendeva cinque stanze, occupate dai tre uomini Perego. In seguito, Luigi si sposò e si trasferì, lasciando il padre Mario e il fratello Emilio con la moglie Elena, che già operava come amministratrice aziendale, insieme ai loro due figli, Anna e Roberto, a stabilirsi lì.

Con l’entrata dell’Italia in guerra, l’azienda Fratelli Perego affrontò gravi difficoltà. La zona della Barona contribuì alla resistenza e fu teatro di scontri violenti tra partigiani e nazifascisti.  Durante i bombardamenti, molti milanesi si rifugiarono nei prati della Barona. I residenti locali cercavano riparo nelle cantine della fabbrica Esperis, convertita in deposito di armi e in una prigione segreta partigiana, per mettersi al riparo dagli attacchi aerei. Il deposito di gas Victoria, nelle vicinanze in via Zumbini, era spesso bersagliato da attacchi aerei. Nel 1943, diverse bombe caddero su Milano e anche la Barona fu colpita, con danni al deposito e a diversi edifici civili. L’area compresa tra le vie Martini, Binda, Biella, Zumbini e Santander subì gravi danni. Anche l’edificio dei Fratelli Perego ne fu coinvolto, con il tetto distrutto e ampie buche che si aprirono nei terreni circostanti.

Il boom economico degli anni Sessanta produsse miglioramenti significativi nell’urbanizzazione e nelle condizioni di vita dei milanesi. Si costruirono uffici decentrati, fra cui il complesso ospedaliero San Paolo, la cui costruzione ebbe inizio nel 1964.

Nell’edificio della “Fratelli Perego” le divisioni strutturali furono eliminate e l’azienda divenne “Emilio Perego”. Elena Galli, moglie di Emilio, rimase attiva nell’azienda e risiedette negli spazi di via Binda 30 fino al 1988. Nel 1989, i figli Anna e Roberto presero il controllo dell’azienda.

Negli anni Novanta, la zona era una periferia che ospitava diverse attività industriali di piccole e medie dimensioni, insieme a strutture residenziali. Nel 2001, l’edificio ha cessato la sua funzione primaria, diventando un punto di stoccaggio. La “Emilio Perego” si trasferì a Zibido San Giacomo, appena fuori da Milano, dove attualmente opera Roberto Perego, fratello di Anna, insieme al nipote.

Durante il processo di vendita, è stata rilevata la presenza di amianto, che ha reso necessaria la demolizione delle sue ali. Nel 2020, con la vendita dell’immobile, si è concluso un ciclo di 93 anni che ha segnato la storia di un’attività e di una famiglia, aprendo le porte a nuovi progetti e possibilità.

La storia dell’edificio e dell’azienda Perego si intreccia con le trasformazioni della Barona nel corso degli anni. Da una zona periferica, questa area ha assunto un nuovo volto diventando un luogo in cui si sono sviluppate nuove attività e operazioni immobiliari.

Arriviamo così al 2020, quando Roberto Polillo “scopre” l’edificio a poche centinaia di metri da casa sua e ne rimane affascinato. L’edificio, ormai circondato da condomini e da un bed & breakfast, è scarsamente visibile dalla strada, a causa del muro di cinta, ma trasmette ancora interamente l’atmosfera della vecchia Milano. Sul terrazzo nel retro dell’edificio troneggia ancora lo spettacolare lucernario. L’interno contiene ancora i vecchi tavoli e molti attrezzi di lavoro abbandonati da tempo, che Roberto raccoglie e cataloga accuratamente.

VIA BINDA 30: UNA NUOVA VITA

Roberto decide di acquistarlo per farne un luogo dedicato all’arte e alla cultura, e il 26 novembre 2020 ne diventa proprietario attraverso la sua società Art Park Immobiliare s.r.l., appositamente costituita allo scopo. Il suo desiderio era di conservare e restaurare tutte le parti originali dell’edificio, compreso il grande lucernario. La fabbrica della premiata ditta Perego avrebbe avuto una nuova vita come PARCO: Polillo Art Container.

Un nutrito gruppo di esperti si mise all’opera per definire il progetto. Tuttavia fu subito chiaro che l’edificio, realizzato con tecniche costruttive di un secolo fa, non era compatibile con i stringenti requisiti di efficienza energetica, sicurezza, resistenza al fuoco e ai terremoti che oggi sono richiesti agli edifici aperti al pubblico. Si optò quindi per un restauro conservativo che ne mantenesse, per quanto possibile, la organizzazione degli spazi e l’aspetto originale, ma ne migliorasse pesantemente gli aspetti strutturali ed energetici. Purtroppo il lucernario, per ragioni di statica e di non resistenza al fuoco, non si sarebbe potuto conservare: dopo molti tentativi si decise di ricostruirlo, per quanto possibile, nelle misure originali. E così le scale verso il primo piano, che non rispettavano le normative anti-incendio. Dopo un primo progetto molto ambizioso, in condizioni di mercato molto difficili, i costi si rivelarono molto superiori a quelli inizialmente previsti, suggerendo di rimuovere il colonnato interno e trasformare il piano terra in un open space molto più flessibile di quanto non fosse inizialmente.

Il colonnato originale che divideva la sala al piano terra in due navate

Così l’obiettivo iniziale del progetto si trasformò: l’edificio di via Binda 30 sarebbe diventato uno spazio destinato ad accogliere eventi di ogni tipo, e non soltanto conferenze e mostre d’arte. La pianta originale fu tuttavia conservata, con l’aggiunta di un ascensore e di un piccolo locale incastonato fra il primo e il secondo pianto, che sarebbe stato adibito a sala regia per le apparecchiature multimediali di cui l’edificio si sarebbe dotato.

I lavori di ristrutturazione, iniziati nel settembre 2022, sono terminati nel mese di marzo 2024. I primi eventi, sperimentali, sono iniziati subito dopo.